Nightguide intervista ANTUNZMASK

Nightguide intervista ANTUNZMASK

E' uscito il 20 marzo 2017 “ANTUNZMASK”, il nuovo album omonimo del cantautore punk lo-fi, che con esso fa il suo ritorno sulla scena dopo gli album “Zero programmi in questione” (2012) e “Al mostro” (2013) e l'EP “Canzoni DetESTATE” (2014).
Si tratta di un disco che ancora una volta è autoprodotto, in nome del lo-fi più viscerale. Noi di Nightguide lo abbiamo intervistato.
A cura di Leslie Fadlon

Ciao Antonio, come racconteresti la genesi di questo tuo nuovo disco, Antunzmask?
Ciao! Tutti i pezzi del disco sono nati durante il tour di “Al mostro”, tra il 2013 e 2014 e dal settembre del secondo anno ho iniziato a registrarli, avendo avuto un ottimo impatto dal vivo. L'album era stato concepito molto diversamente, ma l'idea di mischiare tutti i miei generi musicali preferiti in un autoritratto musicale è stata troppo forte ed elettrica! Tanto è vero che solo alla fine dei missaggi ho deciso di intitolare il disco semplicemente “Antunzmask”: inizialmente doveva chiamarsi “S.ANTODIO” (un'ennesima distorsione del mio nome Antonio fusa con la parola “odio”). E quindi questo disco è l'apoteosi della mia filosofia: chi mi conosce sa che sono fatto a immagine e somiglianza di questo album. 

Da dove proviene la scelta della produzione ''fatta in casa''?
Sicuramente dal mio egoismo. Ho sempre registrato a casa, perché non trovo luogo più sicuro. Lì so dove muovermi, ho i miei spazi, i miei tempi, i miei strumenti, nella mia testa so già il suono che deve uscire. Per esempio, il disco precedente, dalle venature più folk e blues, l'ho registrato nel garage, in mezzo alla polvere e al legno che han segnato molto le atmosfere e i suoni del disco. “Antunzmask” invece l'ho registrato interamente all'ultimo piano di casa mia, nel mio studiolo, un luogo che ha visto nascere centinaia di canzoni, che ha assimilato suoni nel corso di decenni, che ha catturato urla, litigi, pianti, da quando avevo 14 anni a oggi. Ed in “Antunzmask” infatti il suono è nettamente cambiato, appunto per donare all'ascoltatore la mia confusione in perenne bilico. In molti mi hanno detto di registrare in studio o avere una produzione migliore, ma me ne son fregato altamente: sono canzoni mie e io decido come e dove farle. 

Ti definiscono come un ''cantautore punk lo-fi postmoderno'', che significa? 
Cantautore credo di esserlo al 101%, lo-fi penso sia riferito al mio modo di registrare estremamente grottesco. Punk è una bella parola: è il mio rifiuto ad unirmi alla parola “indie”. Postmoderno perché oramai la modernità è stata fatta ed io mi sento parte non della realtà musicale italiana ma dell'irrealtà. 

E ti riconosci in questa definizione?
Alla grandissima!!!! 

I tuoi live sono emblematici, grazie ad esplorazioni sonore e a distorsioni di ogni genere: sembra ciò sia frutto di un'urgenza artistica molto eclettica. È così?
Abbastanza! Mi piace sperimentare, non mi piace la stabilità: ho diversi tipi di live set a seconda delle location dove si suona, dal concerto one man band al live distruttivo in trio elettrico fino all'unplugged psichedelico (un esempio di questo ultimo tipo di live l'ho pubblicato anche come bootleg su Soundlcloud). 

Nel disco ci sono tanti generi, dal grunge (“Buongiorno obbligatoriamente” e “Don Squaglio”) al folk (“E l'ora sia”) quali sono invece gli artisti che hanno influenzato ed ispirato il tuo percorso artistico?
Più che ispirato mi hanno accompagnato, e non solo, nel percorso artistico, ma nella vita! E sono veramente tanti, ma se voglio fare un summit ti dico subito Nirvana, Syd Barrett, Beatles, Jimi Hendrix e Melvins. 

E che ne pensi dello stato attuale della musica italiana?
Che non conosco e non ascolto nessuno della nuova leva cantautoriale, tranne cantautori o gruppi amici o rarissime eccezioni, ma non perché non sono bravi o cosa, ma perché io sono rimasto bloccato in un'altra dimensione spazio-temporale-musicale. Un mesetto fa sono andato in un negozio di dischi e la mia spesa è stata Jefferson Airplane, The Byrds, Moody Blues e Banco del Mutuo Soccorso. 

Parteciperesti mai ad un talent?
In veste di kamikaze si. 

E a Sanremo?
Solo in veste di big e con Nicola Manzan a dirigere l'orchestra. 

Quale vorresti fosse il tuo posto nel panorama musicale tra 10 anni?
Lo stesso di adesso, nella minoranza più punk e nell'underground più under del ground stesso! 

antunzmask, interviste

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